Dan Peterson: Potevo fare il vice a Portland, ma amavo troppo l’Italia

Coach Dan Peterson: Come nacque il mio “mamma butta la pasta” e quando a Bologna titolarono sui giornali “Peterson chi?”

Coach Dan Peterson protagonista su Alto Adige di un’intervista insolita per ripercorrere la sua carriera, e la sua vita. Ecco alcuni passaggi.

SUL CILE

«Lasciai il Cile alla vigilia del colpo di Stato, qualcuno scrisse che ero un agente della Cia… Ero innamorato di quel Paese, ma lavorare ormai era quasi impossibile e quando mi è stato offerto di venire in Italia ho accettato. Il Cile era la squadra più bassa del mondo, più bassa delle Filippine, il pivot era 195 centimetri, quando sono arrivato a Bologna ne ho trovato uno di 2 metri e 11 e mi sono innamorato subito anche dell’Italia e di Bologna in particolare».

SU MAMMA BUTTA LA PASTA

«Come ogni allenatore, ho preso un po’ da questo e un po’ da quello. Per le mie telecronache, ho attinto dai radiocronisti della mia infanzia. La mia squadra di baseball erano i Chicago Cubs, quella di mio padre e mio nonno i White Sox, che avevano un radiocronista con una voce fantastica, Bob Allison. Il mio “mamma butta la pasta” era il suo “mamma, metti il caffè sulla stufa”, per dire che il risultato della partita era segnato. Parlava con la gente, seduto sul divano assieme a loro. Ed è quello che ho cercato di fare io».

SULLE FIGURE INCONTRATE

«Il miglior giocatore che ho allenato? Sono tanti: Tom McMillen a Bologna, che viveva e si allenava ad Oxford, dove studiava, e veniva in Italia solo per le partite, ma questo non gli impedì di viaggiare a medie realizzative spaventose; Bob McAdoo, Dino Meneghin e Mike D’Antoni a Milano. Tra gli avversari Marzorati, Riva, Morse, ma sono tantissimi, anche nelle squadre europee. Sono stato fortunato, ho allenato e affrontato sempre grandi giocatori. Tra gli allenatori quelli contro i quali ho perso di più sono Gamba, Bianchini e Taurisano».

SULL’ITALIA

«Volevo essere un allenatore di football americano. Il mio idolo era coach Jackson: quando arrivò per guidare la squadra del nostro istituto, dichiarò che sarebbe rimasto tre anni, che al terzo avrebbe vinto il campionato statale e poi se ne sarebbe andato. “Che presunzione”, disse mio padre. Ebbene, dopo due annate senza infamia e senza lode, alla terza vinse il campionato statale e se ne andò. Nel 1973, quando arrivai a Bologna, non ero amatissimo. “Peterson chi?” titolavano i giornali. Alla prima intervista feci come Jackson: “Rimarrò tre stagioni e alla terza vincerò lo scudetto”, dissi. E così fu. Avrei potuto andare a fare il vice a Portland, in Nba, ma mi ero innamorato dell’Italia e rimasi, senza alcun rimpianto. Il giornalista che mi aveva fatto quell’intervista si arrabbiò perché non me n’ero andato».

One thought on “Dan Peterson: Potevo fare il vice a Portland, ma amavo troppo l’Italia

  1. Carissimo Dan pensa che c’è chi invece ha preferito fare il vice di Popovich in NBA per tanti anni con la speranza di fare il coach in America 😂😂😂

Comments are closed.

Next Post

Andrey Vatutin: Mike James un'opportunità, Kyle Hines un grande giocatore

Il presidente del Cska Andrey Vatutin: Pochi pensavano che Milano si liberasse del miglior realizzatore della stagione precedente

Iscriviti

Scopri di più da RealOlimpiaMilano

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading