Era il 1989, e Antonello Riva passò da Cantù all’Olimpia Milano. Si parlò di 7, 8 miliardi per il valore del cartellino, oltre al prestito di un giocatore. “Nembo kid” ha ricostruito la vicenda in settimana su La Provincia.
«Ogni anno trattavo con Cantù il rinnovo. Quella volta, dopo una stagione da 31 punti di media, non se ne veniva a capo e mancavano 48 ore alla fine del mercato per i Nazionali. Milano mi voleva, Morbelli sondava la mia disponibilità. Ero a Montecatini, con la Nazionale, e piombò in ritiro Corsolini in persona per annunciarmi che la società non avrebbe potuto assecondare le mie richieste economiche e che c’erano Verona e Milano pronte a prendermi. Cosa avrei dovuto fare? Chiunque oggi sceglierebbe una grande squadra… Poi Cantù, nel gioco delle parti, fu abile a dire pubblicamente che ero io a volermene andarmene: non era esattamente così, ma capii le loro parole».
«Il ricordo meno bello fu alla prima partita contro Cantù: ci rimasi male per i fischi e i cori dei tifosi. Insomma, qualcosa pensavo di aver dato, giocando in ogni condizione fisica, anche molto precaria. Per me poi era stimolante giocare con il pubblico contro e venivano fuori partite clamorose. Come quando Diaz Miguel mi chiese di non infierire…».
«Si parlò di 8 miliardi, ma io non ho mai visto le prove. Io però sono sempre stato riconoscente a Cantù, sono anche felice di aver aiutato la mia società ad avere un’entrata così importante. Così come sono felice per la riconciliazione che avvenne nel ’98, quando tornai a giocare a Cantù».
Cedere Pupuccio per questo fu una cosa aberrante