Trentaquattro anni fa gara-5 con Livorno. «Ma il canestro l’era bono?» No

Alessandro Maggi 14

Trentaquattro anni fa, il 27 maggio 1989, la finale scudetto con la Enichem Livorno. Una storia che rappresenta leggenda di Olimpia Milano

Trentaquattro anni fa, il 27 maggio 1989, la finale scudetto con la Enichem Livorno. Una storia che rappresenta ormai leggenda di Olimpia Milano e del basket italiano. «Ma il canestro l’era bono?». No.

Il ricordo sul sito ufficiale del club

Il 27 maggio 1989, l’Olimpia vinse a Livorno uno degli scudetti più dibattuti della storia. Fu anche l’ultimo vinto dal trio D’Antoni-Premier-Meneghin che assieme ne conquistarono cinque. Fu l’ultimo ovviamente anche di Bob McAdoo, il suo secondo. Ecco il ricordo di quella giornata incredibile.

L’Enichem Livorno era allenata dal compianto Alberto Bucci. Aveva una squadra bellissima anche se corta. Alessandro Fantozzi, Andrea Forti, Wendell Alexis, Stefano Tonut e Joe Binion componevano il quintetto. Ma quest’ultimo chiuse la stagione prendendo a pugno una porta a vetri a Reggio Emilia. Livorno andò avanti con Flavio Carera come centro e tenendo dalla panchina il duro americano David Wood. Quella era la squadra che contese lo scudetto all’Olimpia vincendo gara 1 a Livorno e poi a sorpresa gara 4 a Lampugnano impedendo la festa annunciata dello scudetto numero 24. Quindi il tricolore venne assegnato a Livorno in un sabato pomeriggio estivo, temperatura altissima, in un impianto inadeguato, pieno come un uovo, la gente accalcata lungo le linee di fondo per avere uno sbocco. In quel clima infernale, le due squadre diedero vita ad una battaglia senza esclusione di colpi.

Alessandro Fantozzi, livornese e bandiera della Libertas, segnò da tre al primo colpo, esultò come se avesse vinto la Coppa del Mondo e tirò di nuovo da tre al secondo possesso offensivo. Dopo l’errore chiese scusa. Livorno aveva fretta di vincere. Troppa fretta. Fu una partita che giocò tutta sul filo dei nervi quasi chiedendosi se stesse davvero vivendo un giorno storico. Ansiosa di scoprirlo. Fu una gara ad elastico. Ad inizio ripresa, Livorno la afferrò per la gola e se la lasciò scappare ancora. Milano aveva nove giocatori contro sei (il settimo di Livorno era il playmaker Walter De Raffaele, utilizzato per far respirare Fantozzi): utilizzò Montecchi in quintetto e dalla panchina Premier, Pittis, Aldi e Pessina. Ebbe un passaggio negativo in cui Pittis si fece fischiare un tecnico (quarto fallo) e a Albert King sanzionarono un antisportivo (allora si chiamava intenzionale). In preda ad una crisi isterica, Premier lanciò un asciugamano al telecronista della Rai a bordo campo, Gianni Decleva, e poi urlò anche qualcosa. Coach Franco Casalini chiamò time-out e richiamò mezza squadra, troppo intenta a parlare con gli arbitri Grotti e Zeppilli, soprattutto D’Antoni. Pessina era il più agitato. Sembrava che l’Olimpia, stanca e logora, in un clima impossibile, fosse sul punto di implodere. Giusto? Sbagliato.

Quello che nessuno ha abbastanza rimarcato è che Milano con tutti i suoi trofei e le lunghe carriere alle spalle volle vincere quella partita più degli “absolute beginners” di Livorno. Non è una colpa: nessuno a quei tempi voleva vincere più di quella Olimpia. Ci furono alcuni possessi significativi. Un pallone che Pessina di forza semplicemente strappò dalle mani di David Wood per segnare a rimbalzo. Un rimbalzo conteso da cento braccia che fu preda di Meneghin, che aveva 39 anni. Premier saltò Andrea Forti dal palleggio e arrivò al ferro estendendosi in avanti, come se fosse sul punto di capitolare.

Dopo l’intenzionale fischiato a King, la crisi isterica di Premier, le urla a braccia agitate di Pessina e la sensazione che Livorno stesse per andarsene, Milano esplose a più otto! Premier fino a quel momento nullo, erratico, giocò 10 minuti spettacolari. Dopo una crisi di nervi in quel clima nessuno avrebbe avuto la lucidità per mettersi mentalmente in partita con una vis agonistica straordinaria. Premier lo fece.

E nel momento in cui la Philips sembrava avesse vinto… Livorno si liberò di tutta la tensione e giocò la sua pallacanestro migliore, trascinata da Fantozzi e un fantastico Wendell Alexis: uscito da Syracuse e poi visto in tanti altri posti in Italia e anche all’Alba Berlino, giocò probabilmente la più grande gara 5 che un giocatore potesse giocare senza vincerla. Segnò 32 punti, per intenderci. Da 80-72, Livorno tornò a meno tre con Tonut in contropiede dopo una palla persa da D’Antoni. Nessuno in quel momento realizzò che il tuffo con cui McAdoo gli deviò la palla oltre la linea laterale sarebbe diventato probabilmente il singolo atto più famoso nella storia dell’Olimpia o dell’intero basket italiano. La bellezza del gesto è indescrivibile, il cuore ancora di più. La sorpresa è di Tonut: intento a proteggersi da King, che gli corre accanto alla sua sinistra, si volta senza capire come abbia fatto la palla a sfuggirgli di mano. In quel momento, come un siluro, McAdoo completa il tuffo tra le braccia di operatori tv, fotografi e tifosi appollaiati tutti sulla linea di fondo. “So che se ne parla ancora – dice McAdoo – fu una giocata atipica perché ammetto che in tanti anni di NBA non avevo mai fatto nulla di simile. Non so cosa sia scattato”. “Eravamo abituati alle sue gesta, a cose incredibili, lo vedevamo tutti i giorni in allenamento quindi sul momento ho archiviato quella giocata come un’altra grande giocata di Bob, per quanto inusuale per lui – dice Casalini – E’ dopo, a mente fredda che resti basito”.

Ma la palla rimase alla Libertas e sulla rimessa Fantozzi segnò da tre. La grande beffa è tutta qui: se McAdoo non si fosse tuffato, Tonut avrebbe segnato due punti e Livorno sarebbe rimasta sotto di uno. Invece fu 80-80. Rimarcarlo è come rovinare una bellissima storia. In questo caso, la straordinarietà del gesto supera il suo significato pratico.

Sull’80-80 ancora Premier segnò da tre attingendo a non si sa quali energie. Alexis rispose con una tripla frontale, ma con il piede sulla linea. Un centimetro costato tantissimo: 83-82. D’Antoni chiamò il gioco a elle da destra, girò attorno al blocco monumentale di Meneghin palleggiando con la mano sinistra. Guadagnò quel tanto che bastava per “perdere” Fantozzi e segnare ancora da tre. 86-82. Favoloso. Alexis segnò nuovamente da tre per il meno uno. La scelta di Livorno fu quella di non commettere fallo, il che avrebbe lasciato pochissimo tempo per rimediare. Forse anche questa decisione in condizioni normali sarebbe stata dibattuta. Sull’ultimo possesso della stagione, Premier sbagliò il tiro del match-point e l’Olimpia si trovò clamorosamente, inopinatamente, stranamente esposta al contropiede avversario. Fantozzi lanciò un pallone lungo ad Andrea Forti, ma forse dopo un’esitazione. Il tentativo di stoppata di Meneghin e McAdoo fu tardivo. Forti da sotto segnò il canestro più facile e importante della sua carriera. Piccolo, grande, problema: lo segnò dopo il suono della sirena.https://www.youtube.com/embed/kc_WOI6B4pE

Quello che successe dopo è letteratura. Invasione di campo, arbitri rifugiati negli spogliatoi, i giocatori di Milano che rientrano convinti di aver vinto (nel filmato si vedono un paio di loro – incluso D’Antoni – esultare dopo aver guardato l’arbitro), quelli di Livorno che non capiscono. Si accende una rissa. Montecchi è coinvolto poi scappa via nel tunnel con Pippo Faina. Premier resta leoninamente solo contro tutti ma di certo non risulta intimidito. Lo porta via Kevin Restani, ex giocatore e a quei tempi assistente di Alberto Bucci a Livorno, aiutato per un po’ da Flavio Carera e Toni Cappellari.

Nel frattempo, sul tabellone elettronico il punteggio viene corretto a favore di Livorno non si capisce bene da chi e per ordine di chi visto che gli arbitri non sono presenti. La notizia arriva negli spogliatoi, i giocatori dell’Olimpia la apprendono con incredulità, come una mazzata. La Rai mette in sovrimpressione la scritta Livorno Campione d’Italia. Il pubblico festeggia. Wendell Alexis sale sulla struttura del canestro per celebrare. Alessandro Fantozzi in diretta parla di giorno più bello della sua vita. “So cosa significhi vincere uno scudetto. Per pochi minuti, ma lo so”, avrebbe dichiarato Fantozzi anni dopo. I giocatori di Livorno si fanno fotografare in spogliatoio, volti sorridenti, felici.

Ma negli spogliatoi si consuma una partita diversa: il canestro di Forti non è mai stato convalidato. Cappellari dallo spogliatoio degli arbitri esce con il referto vincente. Lo mostra negli spogliatoi, “ma era passata almeno un’ora”, dice Premier, ed esplode la gioia. Milano abbandona Livorno con enormi difficoltà e minacce. Ma lo fa da squadra Campione d’Italia. Della partita e del finale, delle teorie del complotto, si parla ancora oggi. Quel che si può dire è che adesso non ci sarebbero dubbi: l’instant-replay li chiarirebbe. A quell’epoca non c’era e cronometrare nuovamente tutta la partita dal filmato come certamente qualcuno ha fatto non servirebbe a nulla, non a capire una differenza di centesimi di secondo perché in ogni caso a far fede sarebbe il cronometro ufficiale. “Qualche tempo dopo incontrando Meneghin mi disse che potevo consolarmi, che avevo tutto il tempo di vincerlo, lo scudetto. Ma la verità è che certi treni passano una volta sola”, disse Andrea Forti a carriera finita. Un canestro in più o in meno non può cambiare una leggenda. Ma sarebbe sbagliato dire che vincere quella battaglia, in quel modo, non abbia aggiunto nulla alla storia di quella squadra. Forse non ha aggiunto molto alla storia del club, uno scudetto di tanti, ma quel gruppo di giocatori quel sabato pomeriggio livornese ha sublimato la propria storia.

14 thoughts on “Trentaquattro anni fa gara-5 con Livorno. «Ma il canestro l’era bono?» No

  1. per forza che tonut gioca male, e’ ancora quello di Livorno…… Alessandro Fantozzi, Andrea Forti, Wendell Alexis, Stefano Tonut e Joe Binion

  2. Non male come battuta…
    Ero presente a quella partita perché in servizio militare a Pisa nella Folgore.
    Recuperai fortunosamente un biglietto di ingresso all’ultimo minuto grazie ad un collega Livornese ,tifossimo della squadra locale, che aveva avuto gravissimi problemi familiari proprio in quei giorni.
    Lui non sapeva ancora della mia fede biancorossa altrimenti non avrei mai avuto la possibilità di entrare in un palasport dove la tensione era alle stelle e dove ho dovuto mantenere per tutto il tempo una posizione assolutamente anonima per evitare situazioni da cui sarebbe stato alquanto complicato uscire.con le proprie gambe.
    Alla fine abbiamo vinto il titolo e solo questo resta scritto negli annali ma qualche dettaglio (la moneta tirata in testa a Dino a Pesaro, ed i minuti in campo di King con 5 falli nella finalissima)inficiano leggermente il valore morale di questo titolo anche se la vittoria in gara 5 a Livorno resta un’ impresa almeno pari alla rimonta sull’Aris.
    Resto tutt’ora dell’idea che la squadra che più di altre avrebbe meritato il titolo quell’anno era la Enichem,il titolo avrebbe premiato una piazza veramente appassionata e competente di basket come poche purtroppo finita in disgrazia dopo pochi anni.
    In tutta sincerità pure io avevo visto il tiro di Tonut valido anche se successive ed adeguate verifiche dimostrarono il contrario.
    Per nostra buona sorte un indugio eccessivo nel palleggio del miglior play della stagione ( FANTOZZI) nei secondi finali ci ha letteralmente graziato altrimenti ora racconteremmo un’altra storia.
    Per quanto riguarda il titolo momentaneamente assegnato ai labronici io resto tutt’ora convinto che abbiano prevalso motivi di ordine pubblico,la situazione dentro il vecchio palasport era talmente esplosiva che sarebbe bastato poco per creare disordini incontrollabili all’interno di uno spazio chiuso.
    Con questo titolo si chiude praticamente l’epopea degli invincibili ed essere comunque stato presente pure in questo caso resta un ricordo indelebile difficile da capire per chi non ha vissuto di persona quegli anni gloriosi.
    FORZA GRANDE OLIMPIA ,SEMPRE E COMUNQUE.
    Lasciamo pure passare i minuti di King in campo con 5 falli ma a Livi

  3. Mamma, che ricordi! E che squadrone erano, entrambe.
    Davvero una serie ed una partita epica.

  4. Dico solo una cosa, ho ancora la cassetta vhs registrata dell’intero incontro e ogni tanto me la riguardo, tu chiamale se vuoi…….emozioni

      1. Molto bene,sono lieto per lei se può fregiarsi di aver indossato il glorioso basco amaranto come il sottoscritto.
        FOLGORE!

  5. 1989, lo scudetto, nello spogliatoio. L’ultimo, vinto, in un’anno dispari…Un’altro tabù da sfatare, oltre a quello ( molto più importante) di confermarsi campioni d’Italia. ( 1987 ) Allora, fu’ ,una splendida tripletta. FORZA OLIMPIA!!!

    1. Che Olimpia quella lì!
      Squadra di ‘tripalluti’!
      Ce ne vorrebbe qualcuno nell’Olimpia di oggi…

  6. Come fa ad essere buono…..

    Anche il video chiarisce : Fantozzi ha palla in mano a 2 secondi dalla fine ed in 2 secondi c’è un passaggio, una penetrazione ed un tiro….sì come no !!!! Ne saranno passati almeno 4,almeno

    Ps: Il tuffo di McAdoo da far vedere in loop a gente come Tonut

    1. Inoltre infrazione di passi gigantesca di Fantozzi in quell’azione!

  7. Caro Dopolavoro,la Livorno di quegli anni era di sicuro una piazza caldissima che però spesso intimoriva gli arbitri,il pala Allende era nullo come norme di sicurezza,i tifosi muovevano il canestro durante i tiri liberi,sputavano addosso ai giocatori e rischiavi le botte se ti presentavi come tifoso avversario.Questo capitava sia con la Libertas che con la Pallacanestro Livorno.Altri tempi altro basket.
    C’era di peggio?Certo,in una trasferta a Zara contro la Zadar vinta grazie a 27 punti del nostro Mike i tifosi locali usavano le transenne come tamburi e i loro coltelli a serramanico come bacchette…E a Salonicco ricordo una pioggia di dracme costante verso le nostre teste…
    A proposito,Premier gridò a De Cleva che doveva aver il coraggio di dire che gli arbitri stavano rubando la partita a Milano.Il cronista ovviamente non poteva farlo,tantomeno il De Cleva stesso,la cui avversione per l’Olimpia è documentata da numerose telecronache dell’epoca….penso se le ricordi…

    1. Belle queste tue note “piccanti” di quel basket, Decleva compreso, che raccolse da Giordani l’eredità del microfono istituzionale baskettaro RAI (antimilanesità compresa) che poi si perpetrò col povero Franco Lauro……evidentemente un vizietto del servizio pubblico

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