Olimpia Milano post Barcellona, la sberla del Palau. La squadra di Ettore Messina vive in una serata di fine ottobre il punto più basso del suo avvio di stagione, lo stop allarmante, il passo falso che impone riflessioni.
Sono capitoli negativi che possono caratterizzare qualsiasi romanzo a lieto fine, perché se il coach biancorosso parla di «mancanza di pazienza», emerge in soldoni l’assenza di una vera chimica di gioco, dove il play di turno scava solchi sul campo e gli attacchi partono, o quanto meno si consumano, dopo oltre 10’’ di attesa.
Il Barcellona domina ma non impressiona, e come la Reyer Venezia domenica costruisce la sua vittoria “semplicemente” difendendo. 3/21 da 3 non sarebbe il dato di un trionfo casalingo da EuroLeague, 54 punti concessi (8, 12 e 15 dal secondo al quarto quarto), invece sì.
«Prestazione povera», altro commento semplice e chiaro per il coach di Olimpia Milano. La sua squadra non è riuscita neanche a correre, a creare vantaggi in un contro uno, a capitalizzare la comunque ottima propensione di Brandon Davies, che torna da Barcellona con 18 punti e 6 rimbalzi.
Evidente, un sistema offensivo davvero produttivo, ad oggi, non si è mai visto. Rispetto a Monaco di Baviera sono mancate anche quelle giocate estemporanee, vedi il terzo quarto di Nicolò Melli in Germania, in grado di riaccendere la fiammella. L’Olimpia ha sbagliato tanto, anche piedi a terra, ma sono soprattutto quelle 13 palle perse, a tratti stridenti rispetto agli obiettivi legittimamente sbandierati, a raccontare molto.
Esiste l’impegno, il lavoro, l’amalgama professionale. Non quella tecnica, su cui il giudizio deve però essere sospeso, oggi. Le sconfitte non passano, restano. L’identità a fine ottobre non esiste. Non è esistita neanche nelle vittorie. Ma la costruzione è di per sé un processo, e il presente, e il recente passato, parlano di un cammino a singhiozzo, dove i protagonisti si sono spesso avvicendati tra infortuni e assenze forzose.
L’Olimpia voleva ripartire dal suo mvp, Shavon Shields, per il secondo anno in fila costretto a saltare quasi metà stagione. In tutto questo Nicolò Melli ha saltato la preparazione, Devon Hall ha dovuto giocare fuori ruolo, Kevin Pangos non ha potuto dividersi minuti e responsabilità con Mitrou-Long e Gigi Datome è rientrato, in condizione approssimativa, in una squadra di cui non conosce ancora le dinamiche.
Non c’è niente per cui essere fieri, ma anche niente per lasciarsi andare ad un’eccessiva preoccupazione. La classifica sorride, alle spalle ci sono vittorie di livello come a Belgrado. Il resto verrà, facendo magari un patto con la buona sorte.
Tutta sta sicurezza che “il resto verrà” io non ce l’ho; e non dico che non verrà, però, allo stato dell’arte, questa squadra manca di ogni certezza da offrire; e certo, non può essere il rientro di Long a darne alcuna, perchè, ricordo, il suo inizio, è stato sulla falsa riga di Daniels la scorsa stagione, ben lungi dal dare certezze di sorta; procediamo passo passo, navigando a vista, è tutto da costruire; fiducia quindi, ma temperata dal realismo, che mi fa dire che siamo indietro rispetto alle attese
Partita buona per fare riemergere gli odiatori di Messina e dare loro degli pseudo argomenti invece di serene disamina.
Giocato malissimo, capita.
Non abbiamo alternative a Shields in ala piccola.
Abbiamo un solo playmaker di ruolo che deve ancora conoscere compagni e nuova realtà.
Melli &Co reduci da un europeo sfibrante e non ancora amalgamati con i nuovi compagni .
Soprattutto un nuovo approccio al gioco interno da assimilare.
Credo basti a giustificare una pessima prestazione.
Il Barcellona in fin dei conti ha segnato solo 74 punti, un risultato della nostra difesa che l’anno scorso statisticamente portava vittorie.
Non è stato così ieri, perché di contro noi di punti ne abbiamo fatti solo 56 – un terzo dei quali firmato Brandon Davies.
La nostra difesa può e deve migliorare, e lo farà, ma in sede di analisi penso che sia necessario centrare il problema sull’attacco: e non è un discorso nuovo.
20 miseri punti complessivi nel secondo e terzo quarto parlano di periodi di siccità che già abbiamo conosciuto negli anni precedenti, e a tratti in avvio di questa stagione.
Il tifoso medio è già entrato in modalità magica: boccia Pangos e attende Mitrou come salvatore dalla bacchetta magica.
A mio parere invece Mitrou porterà punti, ieri sera magari ne avrebbe fatti parecchi, ma non ordine, né quella spinta al sistema che in questo momento è necessaria all’Olimpia come la pioggia a Milano, a proposito di siccità.
Una spinta verso il miglioramento del sistema che permetta ai nostri giocatori di esprimersi, perché di talento ne abbiamo quanto basta, anche se quando sulla carta non siamo i più forti in campo, ancora non riusciamo a mostrarlo.
Pangos secondo me non si discute.
Ieri per esempio, in una giornata difficile per tutti, ha dato 5 assist.
Oltre questo è giocatore letale dall’arco, anche capace di andare al ferro per velocità assoluta di cambi di direzione e di cambi di velocità.
Se poi però arriva in area e la squadra non ha girato a dovere, a chi dare la palla?
Nei 20 tiri che abbiamo tentato da 3, segnandone solo 4, c’erano dentro almeno altri 3 assist di Pangos.
Dunque non scherziamo, il ragazzo non soltanto è un play, il play che ci serve, ma è anche un grandissimo play, a livello dei migliori – basta sapere guardare il basket.
Ed è anche, a necessità, uomo clutch: caratteristica che con l’assenza di Shields serve oggi come la pioggia a Milano – assente da troppo tempo.
Per finire su questo tema, la coppia Pangos Davies funziona già egregiamente, per chi non se ne fosse accorto.
Allora il problema dov’è?
Non sarò certo io a poterlo indicare, purtroppo: anche se ho la tentazione comune al tifoso di sostituirmi all’allenatore, non ne ho le competenze, né l’esperienza.
Però penso di potere indicare un capo, dal quale iniziare a svolgere la corda che in questo momento strozza i nostri talenti.
Io partirei dai miseri 5 tiri di Billy Baron in 20 minuti di gioco.
Non puoi avere uno così, come in passato ne hai sempre cercati, e non farlo giocare come saprebbe.
A oggi la fluidità di ruoli, per quanto in gran parte obbligata, è decisamente un danno.
Baron non viene messo in condizioni di fare le cose che sa fare, e gli viene anche chiesto di farne altre che riesce a fare, ma senza eccellere.
Senza eccellere, e però senza mai diventare nel suo, a oggi, quel giocatore che ogni tanto esplode e cambia le partite in vittorie.
Hall uguale.
Tonut da 3 non male, ma capirai che non basta il non male di Tonut per giocare contro Barcellona senza Shields.
Perché il grande buco è lì: nella posizione di ala piccola.
E la sfortuna vuole che proprio dove abbiamo un buco di sostituti, manchi proprio il nostro migliore attaccante.
Thomas era sembrato un buon sostituto in preseason.
Però devo aggiungere subito: a noi tifosi! Perché in preseason in effetti. Ma quanto vale la leggerezza della preseason per giudicare non il giocatore, ma il suo adattamento a un ruolo?
Come ha fatto lo staff, invece, a credere come noi che Thomas potesse giocare da ala piccola titolare, per quanto in emergenza?
Perché quando la palla arriva al 3 al primo giro, arriva di solito in punta, e se muore lì perché il sostituto non ha le gambe, il palleggio, la velocità per farne qualcosa, allora quello non è il tuo sostituto.
Insomma per concludere, la fluidità come eccezione per confondere l’avversario e operare con molti quintetti è una bellissima strada, ma la fluidità di ruolo come sistema fondamentale di gioco non sta funzionando, toglie ai giocatori le caratteristiche che sono loro proprie, li affatica e li deprime, perché li costringe a fare cose in cui sono medi – medi, non mediocri, c’è una differenza.
E pesa su di loro.
Non so se hai notato i due violenti alterchi in campo, il secondo con Melli, il primo non ricordo con chi, di un Hall che alza la voce.
Hall che alza la voce in campo?
E parlami ancora, allora, del giocare fuori ruolo…
È chiaro che aver perso, contemporaneamente, i due play, protagonisti nelle ultime due stagioni, è un colpo durissimo da assorbire e, ci vorrà del tempo…Lo scorso gennaio, Milano, è riuscita a sbancare il campo del Barcellona, 1° in classifica, nonostante si fosse presentata al Palau, priva di Shields, Datome e Mitoglou e, nei blaugrana, erano presenti Kuric, Mirotic e Davies. Delaney & Rodriguez, sfornarono, per I’occasione, una prestazione da 33 punti complessivi.
Squadra davvero molto scarica e rispetto a questo Barca poco fisico; servirebbe subito un 3 e
anche piuttosto forte, potrebbe diventare molto pericoloso perdere terreno adesso. Diciamo che è un periodo di stanchezza. Dopo Venezia anche ieri sera, e siamo solo all’inizio. Speriamo solo che non duri troppo. E che non ci costringa a spremere alcuni di quelli importanti, tipo Pangos.
C’è qualche limite offensivo, sia come capacità di creare per sé che come sistema.
Ogni tanto Pangos soffre un po’ di Delaneynite-pompapalla e quindi si mangiano anche 10″ in palleggi.
Delaneynite-pompapalla…..non fare il fenomeno
Non è questione di fare il fenomeno, ma è quello che si nota sul parquet.