Milano è questa, nel bene e nel male. E quel Sanders…

Il tanto paventato -30 non è arrivato, anzi.

Bella vittoria milanese in Lituania contro una discreta squadra, molto ben allenata. La situazione di assoluta emergenza degli uomini di Repesa era tale che il vero auspicio per questa gara riguardava soltanto il fatto di non farsi male, visto il recente vissuto meneghino. Sette uomini più Rakim Sanders, che in condizioni normali “non avrebbe giocato”, come sottolineato dal suo coach in sala stampa.

Il valore di questa sfida era quello che era, un allenamento illustre poiché in calendario nella massima manifestazione continentale, ma quanto messo in campo da entrambe le squadre ha perfettamente onorato il contesto, come è giusto che sia e come stanno facendo pressoché tutte le squadre che non hanno più nulla da dire in termini di Playoff.

Non vi sono certo versi trionfali da comporre per  questa vittoria Olimpia, così come non erano tragedie le recenti sconfitte, quasi tutte onorevoli. Tuttavia emergono alcuni elementi sui quali si può riflettere, soprattutto in ottica futura.

Milano è questa e lo è da tempo, almeno dall’addio forzato di Alessandro Gentile. Già sottolineammo come quella squadra, costruita ed imperniata sulla leadership dell’ex capitano, fosse 4-3 a metà novembre. Le polemiche sul tema non sono pertinenti se fini a sé stesse: la valutazione tecnica lo è assolutamente per capire quali siano le ragioni della Milano del 4-18 seguente.

Fondamentale il discorso campioni con la C maiuscola. Quelli che l’Olimpia non ha e che pensava ( a ragione o a torto, tema non di oggi, ma 20 mesi fa lo pensava mezza Europa) fosse il suo numero 5. Quei campioni che fanno la differenza e che trascinano la squadra, non tanto nei momenti belli , quanto in quelli assai complicati, come molti della stagione milanese. Quelli che interrompono i parziali avversari, quelli che sanno fare la voce grossa con i compagni, quelli che hanno talento, tecnica e personalità superiore alla media. Di molto. Ai Playoff ci vanno, in rigoroso ordine di classifica attuale, Llull e Reyes, Teodosic e De Colo, Spanoulis e Printezis, KC Rivers e Singleton, Larkin, Heurtel e Dunston, Sloukas ed Udoh, in attesa di Wanamaker o Jovic.  Difficile trovare profili, anche lontanamente, simili nel roster milanese.

Diversi buoni giocatori che hanno degli alti molto interessanti, che si accompagnano, però, a dei bassi disastrosi. E questa è la differenza tra il campione ed il buon giocatore. C’è una realtà, per Milano e per tutti noi: l’Eurolega è una lega di campioni! Quelli che nell’arco di una stagione massacrante riescono a tenere l’asticella molto elevata nella stragrande maggioranza delle loro performances. Mi ricordò recentemente Denis Marconato, proprio parlando delle difficoltà milanesi, di diversi episodi senesi in cui Terrell McIntyre, quando vedeva che l’intensità dell’allenamento scendere, magari ad inizio settimana,  fosse maestro nel trasmettere durezza e competitività ai compagni.

La gara di ieri è, per certi versi, specchio fedele della stagione Olimpia in Europa. L’immagine di Dada Pascolo e Jamel McLean che finiscono al bar su una finta non certo immaginifica, durante un possesso difensivo a zona, con conseguente comoda schiacciata avversaria, la dice lunga. Ed è proprio il fatto che gli stessi due siano stati i protagonisti di moltissimo del positivo EA7 a Kaunas a chiarire il concetto: si passa da un errore da campionato Under 13 a giocate di alto livello come se fosse acqua fresca, nell’arco di un singolo possesso, come di una gara e di un’intera stagione. Stesso discorso per alcuni errori di Milan Macvan assolutamente incomprensibili, che a distanza di pochi secondi o minuti diventano conclusioni vincenti molto complicate che tengono a contatto la squadra. Ed il fatto che questi  esempi rappresentino proprio tre atleti cui non si può imputare nulla a livello di impegno, serietà ed applicazione, la dice lunghissima sul valore della squadra milanese. Che doveva essere altro, nella testa di dirigenti, coach e tifosi, tutti, o quasi, unanimi nel ritenerla in grado di lottare per gli ultimi posti dei Playoff. Non è stato così e gli interpreti, i migliori soprattutto, hanno dimostrato di non essere in grado di competere per un’intera stagione con i campioni di Eurolega, facendolo solo, raramente, in qualche gara, più spesso per alcuni spezzoni nel corso della gara stessa. I tanti, tantissimi, ottimi quarti degli uomini di Repesa, dopo inizi disastrosi o prima di crolli finali, sono la testimonianza più chiara e lampante dell’accaduto.

Tra gli uomini che meritano certamente una citazione vi è di certo Andrea Cinciarini, professionista esemplare, quest’anno autore, sinora, della tripla decisiva per vincere la Coppa Italia (semifinale contro Reggio) e di quella decisiva, molto meno importante, di ieri. Non è un tiratore, ma ci lavora con una costanza ed un’applicazione unica. Non è Llull e nemmeno Wanamaker, ma prova sempre a fare tutto ciò che serve alla sua squadra. Le facce, i “cinque” e gli abbracci che lo hanno accolto in panchina per il timeout seguente al suo canestro di ieri sera sono l’immagine di quanta credito abbia il capitano milanese, nonostante i limiti. Più di questo, ad un giocatore, non si può chiedere. Una cosa però sì, si può dire: continua a tirare, senza esitazioni, perché se Napoleone i generali li preferiva fortunati piuttosto che bravi, noi i tiratori li vogliamo decisi piuttosto che dubbiosi.

Qualcosa in più, invece, si potrebbe chiedere a Rakim Sanders. Non certo ieri, dove è stato comunque positivo, in virtù delle condizioni assai precarie, ma nell’arco di una stagione certamente. Benedetti o maledetti tweet, che un giorno ci diranno essere rivolti ad una bella ragazza… Il giocatore, a determinati livelli, non si discute, con quel vizietto di giocare bene le gare che contano: che sia però uno che fa la differenza in Eurolega è tutto da vedere e lo si capirà sul lungo periodo. Il, personalissimo, parere è che a queste latitudini sia buono, magari anche perfetto ingranaggio di un sistema di alto livello, dove rendersi conto di non essere una superstar. Come direbbe il Coach (quello originale, con la C maiuscolissima), ci sono due notizie per il giocatore. La prima è che in Eurolega si giocano 30 gare decisive, non 5 o 6. La seconda è che, se per soldi, anche tanti,  od altre ragioni, la decisione di lasciare Milano è ormai presa, deve sapere che per l’Olimpia, come per ogni squadra che si rispetti, quel che conta è scritto davanti alla maglia, non dietro. Con le eccezioni di Mike, Bob, Dino, Roby, Franco, Gallo, Ricky e tanti altri (mamma mia quanti ne dimentico), e sì,  certo, anche quel Rolando che, in soli 12 mesi all’ombra della Madonnina, fece e diede tutto proprio per quel che c’è scritto davanti. Gli orologi regalati da Joe Barry Carroll sono nella storia di questa società, ad occhio un po’ di più dei palloncini fatti con la cicca rientrando in difesa.

 

 

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