Del binomio danno-reazione e delle gerarchie in via di ufficializzazione

di Alessandro Luigi Maggi

«Siamo dove dovevamo essere». Il pensiero di Jasmin Repesa è questo, al netto di ogni altra parola. Ed è un punto di partenza fondamentale per ogni analisi del momento, così come la reazione da 3 vittorie e 0 sconfitte al disastro di gara-3. Non c’era niente di scontato in tutto questo, anche se due fattori veneziani hanno dato una mano pesante al disegno. Perché Venezia, e qui sta il «mi girano i coglioni» di Walter De Raffaele, non era in semifinale di passaggio, perché non si tessera Jeremy Pargo (e si taglia, di fatto, il capitano Phil Goss) per una gita fuori porta. E dunque, Venezia, dopo la sconfitta di gara-4 si è comportata come si comporta un avversario che sa di aver sprecato l’occasione d’oro. Nelle restanti due sfide la Reyer ha perso mentalmente ogni sicurezza in attacco, vanificando un piano partita che di fatto ha retto sino agli ultimi due minuti di gara-6. Dove Milano si è affidata a comodi isolamenti in uno contro uno, che non hanno incontrato alcun ostacolo difensivo.

E allora qui vive la domanda: cos’è oggi Milano? Un marchingegno senza forma ma con una parvenza di sostanza, solo parzialmente spiegabile con le mosse di mercato invernali (Batista 18.2 minuti di media, Sanders 21.4, Kalnietis 22.5, parlando solo di semifinale) e gli innumerevoli infortuni. Una squadra forse preoccupata, forse sotto pressione, ma certamente affetta dalla pericolosa tendenza al rapporto danno-reazione. Un team insomma incapace di aggredire e chiudere in fretta le pratiche, ma bisognoso di reagire solo spalle al muro. Missione che è riuscita più volte con Venezia (gara-1 e gara-3, certo, ma anche finale di gara-6) ma che potrebbe chiedere maggiori sforzi con Reggio Emilia o Avellino.

Che c’entri anche il fanatico ricorso all’ampia rotazione di Jasmin Repesa? Chiaro, anche se il coach croato ha confermato di avere il team in mano, e di essere sulla strada di una decisione ferma e convinta sul turnover. Charles Jenkins in tribuna per tre gare in fila (giocando solo gara-1 e gara-3), mai successo, e Oliver Lafayette da 13 punti in 26.5 minuti di media tra gara-5 e gara-6. Che siano finalmente arrivate le gerarchie? Una risposta affermativa è il miglior viatico per le finali.

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