Michael Roll è tra i giocatori stranieri che hanno deciso di restare a Milano nonostante l’emergenza Coronavirus in corso. Queste le sue parole al Podcast di Tom Haberstroh su NBC Sports, registrate lunedì.
Qui probabilmente siamo un mese avanti rispetto agli USA quando si parla di curva di diffusione del virus. Siamo stati colpiti duramente, Milano è zona rossa da tre settimane, è una situazione drastica.
Per fortuna non ho amici che sono finiti in ospedale qui. Un paio di persone che conosco sono risultate positive per il virus e hanno dovuto fare una quarantena in casa isolati, ma dopo una settimana sono guarite.
Dalla fine della quarantena che abbiamo dovuto fare dopo la positività di un giocatore del Real Madrid [Trey Thompkins, ndr] sono uscito di casa solo un paio di volte per fare la spesa o per andare a correre, ma due giorni fa hanno proibito anche la possibilità di andare a correre qui a Milano.
La quarantena non è certamente facile, non è facile trovare qualcosa da fare ogni giorno per tenersi impegnati.
Quando abbiamo scoperto della positività di Thompkins eravamo in pausa da una riunione di squadra, per discutere le procedure da seguire in questa situazione. Non appena è uscita la notizia i medici del team ci hanno mandato immediatamente a casa. Sin da allora con i compagni ci teniamo in contatto su Whatsapp, mandandoci anche scherzi per tirarci su il morale.
Adam Silver in NBA ha fatto un ottimo lavoro, agendo rapidamente. In Europa invece le decisioni sono arrivate tardi, si è temporeggiato troppo. Dopo le partite con Real Madrid e Valencia dovevamo giocare contro l’Olympiacos, ma due giorni prima della partita il governo greco ha proibito i voli per l’Italia. Noi non volevamo giocare la partita all’estero, con la possibilità che uscendo dal paese non potessimo più rientrare, nessuno sapeva come si sarebbe sviluppata la situazione. Senza contare il rischio di un contagiato all’interno della squadra, che avrebbe portato tutti a un isolamento totale anche dai nostri familiari per due settimane. È stato un disastro, l’Eurolega voleva farci giocare a Berlino in campo neutro per entrambe, ma nessuna delle due squadre voleva giocare. Hanno sospeso tutto quando l’Olympiacos aveva già volato su Berlino, noi avevamo deciso di viaggiare il giorno stesso della partita quindi non ci eravamo mossi. Nessuno voleva prendere una decisione anche per tutte le dispute contrattuali, e nessuno aveva una risposta. Penso che la decisione di Silver abbia tracciato una direzione anche per altre leghe nel mondo.
Giocare a porte chiuse è stato bizzarro, strano. È stato totalmente diverso, tanti contatti che magari si perdono nel rumore di una partita davanti a un pubblico erano immediatamente udibili e sono stati fischiati, si sentivano anche le chiamate dei giochi da parte dei playmaker.
Sono qui con mia moglie che dovrebbe partorire il nostro primo figlio a maggio. La sua situazione ci ha impedito di partire dopo che la società ha autorizzato i giocatori a partire, quindi abbiamo deciso di restare qui. Mia suocera aveva pianificato di venire qui per l’ultimo periodo della gravidanza ma non è possibile ormai. Gli ospedali in questo momento non autorizzano l’ingresso in sala parto ai familiari, quindi spero che la situazione si normalizzi così da potere assistere alla nascita di mio figlio.
Milano oggi è una città fantasma, non c’è nessuno per strada tranne persone che consegnano spesa a domicilio, stazioni della metro deserte. È qualcosa che non avevo mai vissuto prima d’ora.
La traduzione è di Ennio Terrasi Borghesan di Basketissimo e Sportando.
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