Olimpia Milano umiliante: E’ davvero possibile andare avanti così? Meglio difendere le proprio scelte o rischiare di morire?

«Il risultato è umiliante». Non lo diciamo noi, lo dice olimpiamilano.com. E altro non ci sarebbe da dire, dopo il 101-64 di Mosca.

 

Umiliazione. Disastro. Aggravato dall’ultimo posto in classifica, ora in solitaria, dopo la vittoria del Galatasaray (che secondo Ataman ha svoltato con l’ingaggio di Bruno Fitipaldo) ai danni dello Zalgiris Kaunas. Dopo 17 gare i successi sono solo 4, 10 le sconfitte in fila. E poi resta il solito dato «post-Gentile» (che mette a segno 13 punti nel primo tempo nel successo del Panathinaikos, all’overtime, sull’Anadolu Efes): 0-7 in EuroLeague, 3-2 in LBA, partendo dalla data del taglio ufficiale. Un 3-9 complessivo, che si aggrava se si pensa che i successi in Italia sono arrivati con squadre di rincalzo (Brindisi, Pesaro e Cantù) e le sconfitte sul campo di candidate alla semifinale playoff (Reggio Emilia e Venezia).

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Alessandro Gentile. Ancora Alessandro Gentile. Una forzatura? No, perché il concetto non è Gentile, ma l’azione del taglio di Gentile. Un semplice punto focale, impersonale, fondamentale per qualsiasi analisi che voglia portare ad una soluzione.

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L’Olimpia Milano aveva dato segnali ad Istanbul contro il Fenerbahce e a Desio contro Cantù, almeno nelle parole dei protagonisti. Certamente contro i turchi la resa fu dignitosa, per quanto netta nell’atto culminante del quarto quarto, e con Cantù il successo fondamentale per lo spirito, per quanto contro un avversario da rotazione a sei uomini e debilitato in settimana dall’influenza.

Questo era il punto di partenza, nel pieno certamente di giorni duri, con la difficile ripartenza dalla capitale turca, e l’impegno emozionale di un derby poco prima di una nuova trasferta nella lontana Russia. Tutto vero, ma l’emergenza (assente Rakim Sanders) non può giustificare quella che è stata la gara con il Cska. Non può spiegare un avvio molle, da 9-27 a fine primo quarto. Non può concepire un ritorno in campo avvilente, con uno 0-16 di parziale in apertura e il terzo canestro dal campo che arriva solo dopo 14’. Non può costituire un -40 toccato nel quarto quarto. Non può infine motivare le due palle perse (con intenzionale) di Raduljica dopo 4’, o il singolo punto di un Mantas Kalnietis che pareva redivivo, o l’indegno nulla di Ricky Hickman, o gli 0 di un Zoran Dragic che oggi come oggi non ha ragione di esistere, al netto del suo stipendio.

«Aspetto mentale» osserva Bruno Cerella dagli studi di Fox Sports, ed è ovvio come la sentenza debba essere unanimemente riconosciuta. Una squadra che non riesce ad avere continuità nei 40’, che ha nella sconfitta l’unica certezza, che non rispetta il piano partita dalla palla a due (o che solitamente lo perde alla prima difficoltà) e che si ritrova a gennaio già fuori da un’Europa in cui sognava i playoff (parole nostre, ma anche dei dirigenti) è evidentemente una squadra in debito mentale. Ma la domanda rimane una, almeno se si accetta che non tutto può essere figlio dei rapporti di campo: perché? 

E allora la storia diventa unico soccorso, e la sua cronologia si fa disordine che chiarisce. Milano nasce come squadra che segna a più non posso, senza eguali in Europa, ma che incassa dal suo coach, dopo Torino, una previsione di dannazione. La società non accetta e zittisce Jasmin Repesa, la barca inizia a incamerare acqua, e dopo Belgrado e Kazan diventa inevitabile un primo confronto (sempre che fosse il primo). Risultato? Gentile viene messo alla porta, in maniera chiara e definitiva. E’ il trattamento che si riserva ad un «male», visto che ci vorranno una decina di giorni prima di mettere nero su bianco l’accordo con il Panathinaikos. Arriva il famoso 3-9, con in mezzo la riunione dei giocatori (senza Repesa) dopo il ko interno proprio con i «green», e la nuova analisi di Livio Proli, che ribadisce l’auspicato silenzio del coach croato. E’ comunque necessario rafforzare le pareti della decisione, inviare messaggi distensivi di fiducia, e così Proli agisce: Repesa non si tocca, il progetto è sempre valido, gli agenti di Cinciarini, Sanders e Kalnietis trattano il rinnovo, quelli di Raduljica vengono rassicurati e il Maccabi Tel Aviv incassa un bel «no» allo scambio con Zirbes.

Tuttavia, il risultato si chiama ancora e sempre 3-9, e «dopo due partite come contro Fenerbahce e Cantù mi aspettavo un passo in avanti, sotto l’aspetto della qualità del gioco, dell’intensità, e della concentrazione. Ma abbiamo fatto completamente l’opposto. Non posso che vergognarmi». E’ l’analisi di Repesa, ma potrebbe anche essere la nostra. Dunque, dalla cacciata del «male» nulla è cambiato. C’è solo l’«umliante» di olimpiamilano.com e il «vergognarmi» di Jasmin Repesa. E’ davvero possibile andare avanti così? Meglio difendere le proprio scelte o rischiare di morire?

Alessandro Luigi Maggi

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