Gigi Datome: Siamo nel posto giusto al momento giusto

Gigi Datome dal sito di Olimpia Milano: Vorrei essere importante nei titoli di Milano, a Siena non ero un giocatore di riferimento

“Se rinasco, rinasco Gigione” è uno slogan social che Luigi Datome usa da anni. Ma quello che ha fatto nella sua carriera sportiva non è stato così facile la prima volta e forse non sarebbe neppure ripetibile, anche… rinascendo.

Datome è cresciuto ad Olbia, il padre era un eccellente giocatore, ma nelle serie minori, e a quei tempi non c’erano squadre sarde in Serie A, o giocatori sardi pronti a conquistare il mondo o almeno l’Europa. Con la forza dell’incoscienza, Gigi ha conquistato tutto quello che voleva conquistare.

E’ diventato un giocatore italiano di riferimento, anzi il Capitano della Nazionale. E’ diventato una stella nel basket europeo, al punto da vincere l’EuroLeague da protagonista. Ed è anche diventato un giocatore NBA, che si è tolto la soddisfazione di giocare nei Boston Celtics, il club più vincente della storia.

fonte: olimpiamilano.com

QUANDO HA CAPITO CHE SAREBBE DIVENTATO UN GIOCATORE? – “Quando ero a Siena ho avuto la sensazione che ce l’avrei fatta, perché dividevo il campo con dei professionisti come Galanda o Chiacig che ero abituato a vedere in Nazionale. Lì ho capito che potevo almeno provarci. Poi ho sentito di trovarmi a mio agio in allenamento, anche in qualche partita attorno ai 18 anni. In quel momento ho realizzato che potevo davvero fare il giocatore”.

HA SUPERATO LE ASPETTATIVE? – “Avevo ben chiari quali fossero i miei limiti, cosa avrei dovuto fare per migliorare, però sono sempre stato molto sicuro di me. Sapevo che se avessi avuto la giusta opportunità, nel giusto contesto, avrei potuto far vedere quanto valevo. Poi ammetto che la ricerca del contesto giusto è stata molto difficile, è durata anni. Però alla fine, ho trovato la situazione giusta. Ora sono contento di tutto quello che è successo”.

HA MAI AVUTO DUBBI? – “Sì, i dubbi c’erano, ci sono stati, anche nel mio ultimo anno a Siena quando facevo davvero fatica a trovare minuti in campo, poi Scafati e pure a Roma ci sono stati anni in cui non avevo lo spazio che avrei voluto avere. Anche in Nazionale, è successo. Però mi sono sempre rifugiato in palestra, ho cercato di uscirne fuori attraverso il lavoro. E’ sempre stato il mio mantra, quello che mi ha aiutato a superare i momenti di difficoltà. A Roma e in Nazionale poi, vivendo bei momenti, ho dimenticato i periodi difficili”.

COS’E’ SCATTATO A ROMA? – “Sono cresciuto molto fisicamente, ho lavorato sul mio corpo, oltre che tecnicamente, soprattutto nelle estati di preparazione, anche in Nazionale. Poi ho avuto più minuti, quelli ti permettono di stare in campo, aumentare la fiducia. Quando non esci per un tiro sbagliato prendi fiducia, e questo crea consapevolezza. Sentire maggiore responsabilità sulle spalle, avere un ruolo importante in squadra, automaticamente ti responsabilizza”.

COM’E’ CAMBIATO RISPETTO A QUANDO E’ ANDATO VIA DALL’ITALIA? – “Sono passati sette anni, che per un atleta sono tantissimi, sono successe molte cose sul piano personale. Spero di essere un giocatore migliore, di essere anche una persona migliore. Di sicuro sono una persona più ricca dentro, per tutte le esperienze maturate, i posti che ho visto, la gente che ho conosciuto. Non sono la stessa persona, il tentativo è sempre quello di essere migliori, ma non sta a me dire se è proprio così”.

L’ESPERIENZA NBA – “Un’esperienza pazzesca, molto intensa, che mi ha messo a dura prova, soprattutto dove avevo fiducia in me stesso quando tutto l’ambiente attorno a me era invece scettico circa il mio potenziale a quel livello. E’ stata un’esperienza formativa, che mi ha rafforzato mentalmente. Per fortuna c’è stata la parentesi di Boston durante la quale mi sono divertito, ho avuto la possibilità di stare in campo e di sentirmi un giocatore NBA. Aver visto quel mondo dall’interno, per due anni, è stato pazzesco. Sono felice di aver maturato questa esperienza, nonostante le frustrazioni siano state superiori alle soddisfazioni. Però mi sono divertito e, nel mio piccolo, aver fatto certe cose a Detroit e ancora di più a Boston, ha un valore anche romantico. Lo dico da appassionato”.

COSA SIGNIFICA GIOCARE NEI CELTICS? – “E’ figo, è bello avere la canotta dei Celtics tra quelle della mia carriera. Quando torno a casa do sempre un’occhiata alle mie maglie. Lo è anche quella di Detroit, però quella di Boston è speciale, poi è rimasta abbastanza uguale a quella storica dei tempi di Larry Bird. Aver giocato nei Celtics, in quel palazzo, aver vissuto a Boston da giocatore dei Celtics con i vantaggi conseguenti che il ruolo comporta dal punto di vista sociale, è stato davvero bello. Vedere il nome della mia famiglia su quella maglia è stato impagabile, ha ripagato l’esperienza”.

GLI ANNI AL FENERBAHCE – “Tanto dell’affetto che ho ricevuto in quegli anni è stato una conseguenza dei successi che abbiamo conseguito, ma anche di quello che abbiamo fatto vedere in campo. Penso sia stato un gruppo che ha reso i tifosi orgogliosi della nostra mentalità. Eravamo molto legati al Fenerbahce, a Istanbul, alla Turchia, tanto che molti si sono fermati, hanno fatto nascere lì i loro figli, tanti di noi si sono trovati veramente bene. Non è stato facile entrare nel cuore dei tifosi. So che all’inizio erano un po’ scettici perché ero arrivato a rimpiazzare Bjelica che era stato MVP di EuroLeague, anche se io ho giocato più da 3 che da 4.  Con il tempo, ho ricevuto un affetto e un amore pazzeschi. Ancora oggi i tifosi mi scrivono, nonostante abbia cambiato maglia. Ovviamente è stato un capitolo importante della mia vita, sono felice di averlo vissuto”.

COSA SI ASPETTA DALL’ESPERIENZA DI MILANO – “Nella mia carriera ho avuto la fortuna di vincere tanti titoli importanti, ma mi mancano in Italia da giocatore vero. Nel palmares c’è qualcosa dei tempi di Siena, ma non ero un giocatore importante. Invece vorrei essere importante nei titoli di Milano. L’obiettivo come abbiamo detto è cercare di crescere anche in Europa, però vincere in Italia da giocatore utile alla causa è qualcosa che mi manca e vorrei aggiungere alla mia carriera”.

COSTRUIRE UNA CULTURA A MILANO – “E’ quello che ci avevano chiesto quando sono arrivato al Fenerbahce. Credo che molti di noi siano nel posto giusto al momento giusto, si tratta di metterci assieme, lavorare bene ogni giorno, però l’obiettivo è bello, stimolante. Penso ci siano le persone giuste, dallo staff tecnico ai giocatori per creare questa mentalità e poter crescere in futuro”.

IL LIBRO LETTO PRIMA DI ANDARE IN CAMPO – “Succede prima della riunione tecnica, prima che il Coach parli, mi isolo per cercare di staccare con la testa. Non mi piace pensarci troppo, perché a quel punto sai già cosa fare. Quello è il momento per rilassarsi un attimo, staccare, poi chiudo il libro e inizia la partita”.

19 thoughts on “Gigi Datome: Siamo nel posto giusto al momento giusto

  1. Datome un intellettuale in maglia Olimpia. Forse prima di lui solo Bill Bradley. Sono orgoglioso indossi la nostra maglia e sono certo saprà dare tutto il suo sapere (cestistico e non) al servizio della causa comune.

  2. È impressionante la sua umiltà, tratto distintivo dei veri leader. Ne abbiamo diversi di leader umili quest’anno per questo faremo grandi cose.

  3. Bella intervista, ne esce un bel personaggio, umile e sincero. Molti non lo volevano a Milano per l’eta’ ma credo sara’ un valore aggiunto.
    Intrigante come descrive la squadra ora. Senza illuderci, ma certe sensazioni che vivono i giocatori in campo e nello spogliatoio possono essere un segnale importante per come potrebbe andare la stagione.

  4. “Quando non esci per un tiro sbagliato prendi fiducia, e questo crea consapevolezza”.. parole sante..proprio quello che faceva il Messia sopratutto con i giocatori italiani che dopo due sbagli li richiamava in panchina senza più vedere il campo

  5. Avete appena letto un commento strumentale a sostegno di una tesi sbagliata. Poi Datome dice di conseguenza mi sono chiuso in palestra e migliorando ho preso consapevolezza dei miei mezzi. Ringraziamo gli allenatori di allora che ci hanno reso il campione di oggi

  6. Infatti il mio commento non era riferito a Datome..è un dato di fatto che il Messia non appena un giocatore tipo Burns Biligha o Della Valle faceva un paio di errori li rimetteva in panchina senza più vedere il campo ma probabilmente tu Orlando eri a prendere un caffè

  7. non leggo più le tue repliche , se scrivi sciocchezze evidenzio ma poi mi sono riproposto di non risponderti più tanto è evidente la tua incapacità di comprendere, resterai della tua idea a me serve soltanto per contrastare la tua narrazione distorta e spesso avvelenata. Rivolgiti a qualcun altro per dialogare dato che come vedo hai i tuoi infantili ma pur sempre proseliti

  8. orlandoil rosso ti abbiamo comprato un biglietto di sola andata per Colonia…

  9. GAE e orlandoilrosso non potreste cortesemente smettere di insultarvi usando questo Blog. Potete farlo benissimo privatamente, ma inquinare ogni pagina riempiendola non di commenti o opinioni, ma di battibecchi che si ripetono nella forma e nella sostanza piú o meno quotidianamente mi pare una mancanza di attenzione e rispetto nei confronti degli altri utenti e di chi gestisce questo blog.
    Molte pagine sono dominate dal vostro confronto, che va purtroppo molto al di la del semplice “scrivere un commento”. Basta. Scrivete il vostro commento e poi fate finita, non trascinate per cortesia ogni articolo del Blog in rissa, non ha senso, almeno per me non ne ha.
    A volte ho la sensazione che sia inutile la presenza di qualche bell’intervento di altri lettori – o anche vostro-, perché tanto il destino di ogni discussione é quello di accendere la rissa fra voi due.
    Potreste smettere o trovare un’altro posto per farlo o limitarvi ai commenti “tecnici”, senza iniziare a insultarvi
    grazie

  10. Bene Gia sottoscrivo, ma tieni presente che il provocatore la stragrande maggioranza delle volte è Orlando ilrosso…

  11. secondo me se tutti ci mettiamo un pó di buona volontà da questa situazione si esce nel rispetto dei desideri dialettici e anche della voglia di tanti utenti di non precipitare in voragini litigiose senza fine.
    Rispondere ai commenti si, in modo dialettico, senza provocare e senza andare sul personale. Ignorare le provocazioni… evitare gli insulti.
    Insomma, al di lá di “chi inizia”, sarebbe bello darsi una “auto-regolata” senza attendere le censure del Blog o lo spegnimento dei commenti, basterebbe imporsi un minimo di disciplina nello scrivere e nel ribattere.
    entrambi siete fonte di spunti interessanti (ad alcuni mi sento piú vicino a d altri meno, ma poco importa) e dispiace che questi vengano travolti dalla polemica personale e in essa scompaiano.

  12. Avete proprio stufato tutti e due. E quando si aggiungono anche gli altri …. roba da mettere un limite di commenti a testa al giorno.

  13. Stalker?? Scrivi qualcosa di sensato e nessuno ti potrà contraddire.

  14. Orlando ti faccio una proposta sensata..tu ignora i miei messaggi e scrivi i tuoi senza fare riferimento a me e io farò altrettanto..@Gia più di questo non posso fare..dipende da Orlando

  15. @Gia: sono con te al 100%.
    A volte anche per me, cervello limitato, e’ fastidiosa questa sterile diatriba, per altro non molto da persone educate (ecco: mi sono lascito andare ad un giudizio sulle persone….).
    Scrivete senza insultarvi, magari limitandovo al basket, please.

  16. beh, mi pare ci siano proposte interessanti nell’aria, secondo me questo giro di confronto allargato puó servire a cambiare qualcosa. L’idea di non commentarsi reciprocamente e tantomeno di farlo andando sul personale mi pare una bella proposta, una soluzione magari anche solo transitoria. non vedo nemmeno le temute “faccine” e anche questo mi pare un buona cosa.
    passo passo…
    comunque grazie di aver raccolto l’invito a riflettere su questa faccenda, apprezzo molto.

  17. @Gia io ho fatto la proposta ma bisogna vedere cosa ne pensa la controparte perché come ben tu sai per andare d’accordo bisogna essere in 2..io laia parte l’ho fatta..

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