Simone Fontecchio, uno dei simboli della nazionale italiana qualificata a Tokyo 2020, ha rilasciato una lunga intervista a Andrea Tosi de La Gazzetta dello Sport, tornando anche sul suo passato con Olimpia Milano.
SULL’ESTERO
«Da straniero all’estero avverti una responsabilità maggiore rispetto a quella da italiano in Serie A. Devi essere performante, altrimenti ti rispediscono a casa. Invece, da italiano, anche se giochi male sei sempre a casa tua».
SUL SUO PASSATO
«A Milano non riuscivo ad avere spazio. L’ultima stagione è stata durissima: l’Eurolega la vedevo col binocolo. All’Alba ho trovato un sistema di gioco che coinvolgeva tutto il quintetto e che mi ha permesso di esprimere le mie qualità. In Italia ero battezzato come un’ala che stava nell’angolo ad aspettare gli scarichi. Sembra una metafora: in Germania sono uscito dall’angolo per entrare finalmente in campo».
Bravo, Bravo, Bravo ed ancora Bravo, continua cosi!
Mi unisco al tuo “Bravo, Bravo, Bravo ed ancora Bravo”
Sono stati fatti un po’ di errori con lui, peccato, una grande occasione persa di crescere in casa un giocatore da EL.