34 anni dopo | Pedrazzi, Ruta e Casalini: le righe del trionfo di Losanna

Mitologia di Maccabi-Olimpia Milano che riporta a Losanna: tre racconti letterari per quella che resta LA notte biancorossa

L’Olimpia Milano celebra il trionfo di Losanna, a 34 anni di distanza dalla conquista della seconda Coppa dei Campioni della sua storia.

Noi vi riproponiamo il nostro ricordo su questo grande avvenimento, che certamente rappresenta uno dei momenti più alti, se non il più alto, della storia del club.



Sommario:

  1. Pedrazzi e il viaggio per Losanna
  2. Ruta e la cronaca della gara
  3. Casalini, la festa e il commento

Werther Pedrazzi | Il viaggio verso Losanna

Werther Pedrazzi, in «Scarpette Rosse» ci accompagna nel viaggio. Lungo i tornanti del Gran San Bernardo, in direzione Svizzera, si snoda un lungo serpente biancorosso. La FIBA consegna in via Caltanissetta 2.500 tagliandi, verranno bruciati in due ore, mentre le richieste saliranno a 8.000.

Certamente entrarono, tutti, acquisendo il 33% dei tagliandi che la federazione internazionale aveva riservato al pubblico svizzero.

«Il biglietto lo avete?». «No, ma andiamo lo stesso» urla un ragazzo. I poliziotti svizzeri, in paese neutrale, sono tutt’altro che bonari. «Vedrai che quando arriviamo a Losanna in qualche modo entriamo. Mica possono mandarci indietro. Mal che vada, sfondiamo».

Non si sa se sfondarono, se dovettero passare alle maniere forti. Certamente entrarono, tutti, acquisendo il 33% dei tagliandi che la federazione internazionale aveva riservato al pubblico svizzero.


Alessandro Ruta | La partita

La Gazzetta dello Sport, in Italia, titola: «Mike, riportala a Milano!». Negli spogliatoi la tensione monta, anche perché Franco Casalini ha in mano la videocassetta di Real Madrid-Maccabi, gara da studiare per bene.

Qualcuno ha sbagliato videocassetta, quella è Real Madrid-Stella Rossa. Di calcio

La tv si illumina, il rumore inconfondibile del nastro che inizia a girare, però le immagini sono quelle delle capriole di Hugo Sanchez, fenomenale attaccante messicano che dovrà inchinarsi a più riprese negli anni successivi al Milan. Qualcuno ha sbagliato, quella è Real Madrid-Stella Rossa. Di calcio.

Dino Meneghin ha una contrattura al gemello mediale della gamba sinistra: un altro contrattempo fisico in una finale, come contro il Real Madrid, come contro il Bosna. In campo ci porta Alessandro Ruta, nel suo «L’impero del basket».

La prima anomalia che balza all’occhio è che al momento della palla a due c’è un mezzo laghetto al centro del parquet: colpa della condensa, fortissima. La superficie era stata cambiata il giorno prima, ma non era stato sufficiente per evitare lo scoppio dell’umidità.

Il “cucciolo” milanese (Barlow, ndr) è protagonista in avvio: segna 6 punti in un amen, e dà all’Olimpia il massimo vantaggio sul 17-13.

Il Maccabi torna avanti sul 22-21, dopo una palla a due persa incredibilmente da Bargna contro Aroesti, più basso di lui di quasi venti centimetri. 

(Secondo tempo, fine primo +3 Maccabi) Premier si innervosisce e si prende un tecnico evitabile: è il suo quarto fallo, che lo conduce dritto in panchina a sbollire la rabbia. Rientra Pittis, ma è ancora McAdoo l’anima della squadra: ferma un contropiede avversario e subisce pure fallo. In più realizza un gran canestro, e da un potenziale -6 l’Olimpia si ritrova sotto solo di 2 punti.

Sul 49-47 per il Maccabi, Peterson rischia Premier con quattro falli. E cosa fare l’Ariete, dopo aver sbollito l’incazzatura? Facile, una tripla, subito, al primo pallone toccato: ed è sorpasso Milano.

La Tracer vola a 58-52 nel tripudio dei suoi tifosi, quando mancano meno di 10 minuti. Johnson gela tutti con un gioco da tre punti, e poi Berkowitz vola in contropiede a segnare il -1.

(Sul 66-65) Niente paura, ci pensa Mike D’Antoni, fin lì piuttosto silente, che infila la sua prima tripla della partita: il meraviglioso timbro del campione a 2 minuti e mezzo dal termine. Ma due azioni dopo, tentando di rubare il pallone dalle mani di Lee Johnson, commette il suo quinto fallo ed è fuori dalla partita.

Peterson e Casalini non ci pensano un attimo: «Barone, vai». Tocca a Franco Boselli per gli ultimi 90’’.

(Meneghin ha la palla della vittoria). Meneghin si alza, appoggia la palla al tabellone, ma il ferro dice che c‘è bisogno di altra sofferenza. Sì, perchè, tirando, Dino si è strappato il polpaccio sinistro, quello che lo sta tormentando da giorni e che l’ha costretto a correre in maniera scomposta e innaturale.


Franco Casalini | La sirena, la gioia, il commento

Nel suo libro «E via… verso una nuova avventura», Franco Casalini, allora assistente di Dan Peterson in Olimpia Milano, racconta la finale di Losanna 1987.

Se su quell’ultima azione il Maccabi fosse andato sotto con Magee forse avrebbe pareggiato, nel qual caso avrebbe quasi certamente vinto il supplementare

L’abbraccio con Dan, credo il più lungo della mia vita, almeno su un campo da basket, fotografa appieno i nostri sentimenti. Non vorrei cadere nella retorica della vittoria come ragione di vita, perché non è proprio il caso, ma tutto il lavoro di anni convergeva verso quel tiro da tre malamente e frettolosamente lanciato da Jamchey.

Diciamocela tutta: se su quell’ultima azione il Maccabi fosse andato sotto con Magee forse avrebbe pareggiato, nel qual caso avrebbe quasi certamente vinto il supplementare, conciati come eravamo.

Se la finale vinta di Bruxellese è stata la perla di Schoene, quella di Losanna, stesso risultato , è stata la rivelazione di Kenny Barlow.

(Dino Meneghin) in realtà fu la chiave della vittoria, esattamente come la tripla di Mike sulla L (e grazie al blocco di Dino, naturalmente), quella del 71-69 finale.

Ovattato rimane anche il ricordo dei festeggiamenti dal campo agli spogliatoi, con Dino quasi incapace di alzarsi dalla sedia, per stanchezza ed acciacchi. 

Con Cappellari che vagava per i corridoi in preda all’estasi, sia pur fingendo di mantenere il consueto aplomb.

8 thoughts on “34 anni dopo | Pedrazzi, Ruta e Casalini: le righe del trionfo di Losanna

  1. Troppi anni sono passati. E ora di riassaporare quei momenti. Forza e alzare l’asticella. I PO di EL non devono essere l’obiettivo ma le F4.

  2. che ricordi…. splendidi oggi come allora. Il mio cuore cessò di battere a 16 secondi dalla fine quando Dino (eroico) sbagliò il sottomano del +4 e tutto diventò nero. Mi ripresi con McAdoo che tirava giù dal cielo il tiro della disperazione del Maccabi e Premier che lo abbracciava.

  3. Io c’ero, viaggio in 126 con amici tutti appena maggiorenni, e birrata colossale post partita a festeggiare.

  4. Vista in loco, a fianco di Portaluppi, allora juniores.
    Freddo polare ancor più accentuato dalla tensione.
    Ricordo le stoppate di Barlow, l’errore di Dino, i calci di Mike ai cartelloni pubblicitari…. La gioia finale….
    Momenti indimenticabili

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