L’Olimpia di Pianigiani e… Portaluppi

A poco più di un mese dai tumulti provocati dalle prime voci sull’arrivo di Simone Pianigiani, il roster Olimpia 2017/18 pare completato, se non fosse per quel dubbio  sulla faccenda playmaker, dove la necessità di tre giocatori nel ruolo va, attualmente, a cozzare con le voci di addio di Mantas Kalnietis (non a caso negate su queste frequenze, ndr). Dettagli, importantissimi, ma dettagli.

Riavvolgiamo il nastro e torniamo all’estate 2016, cui si giunse con in mano un trionfo nettissimo in Coppa Italia, certamente il momento più dominante di Milano nell’ultimo biennio, ed uno Scudetto sudato sì, ma comunque attestante una certa superiorità sul resto delle contendenti. Ma ci si arrivò pure dopo una bocciatura chiarissima in Europa, pesante in Eurolega e per certi versi imbarazzante in Eurocup.

Il presidente Proli disse a chiare lettere che l’obiettivo era la riconferma in Italia, nonché il ritorno del Forum a livello di “fortino inespugnabile” dove far soffrire le grandi del continente. Ed il mercato visse e morì su questi concetti, che si rivelarono poi gli stessi errori dell’estate precedente il Banchi 2.                                                                                Forma differente, sostanza simile. Raduljica, Hickman e Dragic incarnarono quello che in precedenza furono Ragland, Brooks e Kleiza: nomi di un certo peso, certamente i primi più dei secondi, nella quasi totalità ben poco consoni al gioco del coach in carica.

Illusioni, speranze, spesso semplice miopia dovuta dalla vicinanza ad un mondo in cui l’ottone si vedeva come oro.

Era il fine settembre 2016, anche la Supercoppa era in archivio e Pino Sacripanti fu chiaro: «Per battere Milano ci vuole la partita perfetta». Possibilità immediatamente oscurata da Hugo Sconochini : «La partita perfetta non esiste». Ergo, Milano non è battibile, in Italia. Ed in Europa vale la lotta Playoff…

I facili entusiasmi, ulteriormente enfatizzati dal promettente 2-0 europeo e comunque da due gare con Oly e Real che non palesarono una differenza abissale, si spensero nel periodo tra la fine di ottobre e l’inizio di dicembre: quel che accadde dopo ne fu solo logica, inevitabile conseguenza. Milano non ci fu più, fatta salva la prova di Rimini, che arricchì una bacheca senza dare nulla alla squadra.

Personalmente, ci cascai in pieno, senza attenuanti, se non quella di non conoscere le personalità dei giocatori e di non poter immaginare il disastro gestionale societario.

Come si poteva non sognare dopo le Olimpiadi di Miro e Mantas?

Allo stesso tempo non si poteva immaginare che il lungo serbo fosse più interessato alle vacanze che al gioco, piuttosto che pensare all’atteggiamento che avrebbe tenuto Sanders… O meglio, l’osservatore esterno non poteva esserne a conoscenza, chi lo firma avrebbe dovuto esserlo.

Ma torniamo ad oggi, alla Milano di Pianigiani.                                                                           Si dice da più parti che la squadra sia stata costruita “ad immagine e somiglianza del coach”. Sì e no. Preferisco enfatizzare il concetto che questo mercato pare essere nato da tutte le mazzate prese, che hanno lasciato il segno e possono essere la base per costruire realmente qualcosa di solido e futuribile. Con tutte le precauzioni del caso.

Io non so se Jordan Theodore possa essere per il coach senese quello che per lui furono i McIntyre ed i McCalebb, ma di certo so che Milano aveva bisogno di un giocatore di quel tipo, che diventi immediatamente leader e lo possa fare da subito, avendo palla in mano più degli altri. Ed il sistema Pianigiani lo prevede, almeno nell’80% delle entrate nei giochi.

In realtà credo che, per ambire ad alti livelli, di giocatori simili ce ne volessero due, come mi disse coach Repesa ad inizio aprile, davanti ad una fiorentina  di cui si discusse la cottura (vinse lui…) ed un bicchiere di Chianti di ottima qualità (qui l’intesa fu perfetta da subito…) : l’ideale sono due play/guardie ed il Cincia come terza opzione, perché può dare molto.

Goudelock è sensazione, è sogno, è immaginazione: troverà la sua dimensione ideale caratterialmente in modo da poter dominare, come la sua tecnica prevede e permette in Europa? Giocatore moderno se ce n’è uno, capace di togliere le castagne dal fuoco dei secondi che scorrono all’interno del possesso, ha la chance della carriera in Eurolega.

La chimica tra i due, JT e AG, è la missione numero uno dell’ex coach della nazionale: trovata quella, si parte bene.

Micov sa giocare a pallacanestro, lo sa fare bene, molto bene a tratti. Pulito, essenziale, ha la classica conoscenza del gioco che può tranquillamente mettere in secondo piano un’età che lo vede più verso la fine che verso l’inizio del suo viaggio. Stonerook? Sì, dovrà essere quello, per letture e movimenti dopo le abituali soluzioni inziali dei set offensivi che Milano giocherà (“corna” su tutti).

M’Baye è una non scommessa, perché lo sarebbe se lo si fosse preso un anno fa dal Giappone. Ha tutto per emergere, ma lo saprà fare in un contesto di minutaggio limitato?

Dairis Bertans è un altro giocatore che sa come si sta in campo e non è di certo solo un tiratore, peraltro mortifero. Fisico e tecnica. La posizione che avrà sul campo sarà ricca di dettagli che, se dovesse interpretare bene, lo potrebbe rendere veramente un’arma impropria.

Cory Jefferson è situazione tutta da scoprire, ma con Patric Young rappresenta la chiave dell’Olimpia che vedremo.  Il centro ex Gators due anni fa valeva tranquillamente Udoh, Ayon , Dunston e tutti i migliori del continente: quel che accadde al suo ginocchio lo sappiamo tutti, quella corsa “trascinata” è storia degli ultimi 12 mesi. Che Young avrà Milano? E’ la domanda fondamentale ed il nome di Jefferson è polizza assicurativa, con Tarczewski, in questa direzione. Se i movimenti laterali, quelli che non nascono da un caricamento o da una corsa, torneranno ad essere quelli di due anni fa, attenzione a Milano, su tutti i fronti. La verticalità tutto sommato non è mai venuta così meno, poiché un passo di carico e le capacità di lettura di altissimo livello (il sito dei Gators lo annovera tra i migliori della nazione, ai tempi, se non il numero uno assoluto) aiutano tantissimo.

Poi ci sono gli italiani, che oggi paiono assai ridimensionati per il peso nel roster.

Il più importante? Dada Pascolo. Se la sua scalata continuerà, ne vedremo delle belle per quel ruolo di 4 titolare. Cinciarini sarà e dovrà essere il terzo play, ruolo non marginale se considerato nell’ottica del gioco che prevederà spesso due portatori di palla: personalmente ho difficoltà a vederlo nel sistema tecnico di Pianigiani, ma le caratteristiche umane, prima che tecniche, potranno stupire.

Fontecchio ed Abass dovranno semplicemente esplodere, se vorranno spazio reale in questo roster. Scorciatoie non ce ne sono. Bruno Cerella rischia seriamente di essere molto ai margini delle rotazioni, come lo fu la scorsa stagione.

Vedremo due squadre, una per il campionato ed una per l’Eurolega, coi “big” a minutaggio limitato nella prima competizione almeno fino alla Coppa Italia? Francamente è un auspicio e potrebbe essere la vera differenza rispetto alla stagione appena conclusa.

Così come la semplicità dei set offensivi farà la differenza e potrebbe adattarsi alla perfezione agli uomini in forza. Poi saranno i dettagli a stabilire se tale semplicità potrà portare lontano o meno: questa sarà la sfida di Pianigiani, al pari del provare a conquistare una piazza in cui molti, per i noti e per certi versi condivisibili motivi, saranno pronti col fucile spianato. Attenzione perché l’oggi sopito #nopianigiani è pronto ad esplodere in goni istante.

Ci vorrà un grande lavoro da parte del  coach, per nulla facile, e potrebbe aiutare molto se ci fosse un numero limitato di protagonisti dell’europeo, che non dovrebbe comunque superare le 6 unità nella migliore (o peggiore…) delle ipotesi. Anche in quest’ottica si potrebbe applaudire il mercato della società, in cui vedo chiaramente un forte, competente impatto di Flavio Portaluppi.

Da non sottovalutare poi il fatto delle finestre per le nazionali, tema scottante che causerà problemi non da ridere in giro per l’Europa. Il ruolo, ad oggi prevedibilmente molto marginale, dei giocatori italiani dell’Olimpia, potrebbe fungere da deterrente nella bagarre potenziale con la FIP. Cinciarini, Pascolo, Abass e Fontecchio diverrebbero immediatamente necessari all’azzurro, visto che non credo proprio che il Fenerbahce lasci andare Datome e Melli e che dall’’NBA non arriverà nessuno. E proprio per quel ruolo marginale in biancorosso, potrebbero essere collante politico con la Federazione. Semprechè dalla Francia non chiedano M’Baye, dalla Lettonia Bertans e dalla Macedonia Theodore, perché allora in Eurolega si giocherebbe con gli Under.        Ma è guerra i cui colpi decisivi devono ancora essere sparati.

Intanto i colpi più importanti Milano li ha già sparati nel mercato, raggiungendo una serie di obiettivi che attestano la fiducia nel lavoro del nuovo coach. In passato non fu sempre così.

Ora il salto di qualità sul campo deve solo essere accompagnato da quello societario globale, come in fondo ci ha recentemente fatto sapere il presidente (intervista al Corriere) col suo chiaro accenno agli errori, che devono considerarsi condivisi dall’intero gruppo di lavoro.

 

 

5 thoughts on “L’Olimpia di Pianigiani e… Portaluppi

  1. Sono d’accordo con l’impostazione di fondo del post, che a questa nuova squadra serve uno sguardo positivo e intelligente da parte nostra. Aggiungo che anche il calendario della partenza in EL, in apparenza terrificante, può avere invece un risvolto positivo. Le partite con CSKA, Fene, Madrid in fondo si possono anche perdere, nell’ottica di una squadra che si sta formando, e saranno anzi una palestra molto efficiente per farsi trovare preparati e magari anche amalgamati alle partite che contano, quelle con le rivali degli ultimi posti degli 8.

    1. Concordo sul fatto che l’inizio difficile, livello di calendari, potrebbe trasformarsi in un vantaggio. Da tenere conto che Milano avrà al massimo 4-5 reduci dagli Europei, mentre le grandi ne vanno praticamente 8
      -12 quasi tutte. Questo dovrebbe trasformarsi in un vantaggio almeno iniziale.

  2. A mio giudizio, indipendentemente da roster, sara’ importante dare spazio a tutti. 30 +30 partite (oltre eventuali play off) sono tante e per trovare risultati importanti servira’ il contributo di tutti, ma proprio tutti, i giocatori.

    1. Verissimo, forse la pecca maggiore della gestione 2016-17.

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